
ROBERTO BREDA Nei libri e in laboratorio impara arte e mestiere dello Stampatore e dell’Incisore. Per lavoro crea e costruisce l’immagine che le aziende danno di sé. Progetta, dipinge, fotografa nel suo studio pluriforme di Conegliano. La pittura, soprattutto, diventa immediata valvola di espressione creativa, per ciò che resta fuori dalla compressione della comunicazione commerciale.
Be my Marlene è la firma del progetto artistico. In ambito pittorico sceglie la via del simbolismo, affidando il compito di rappresentare emozioni e stati d’animo a soggetti animali decontestualizzati e volutamente antirealistici.
La carpa koi, nella cultura giapponense simbolo di tenacia e coraggio, diventa immagine delle emozioni inespresse; i soggetti africani, con un trattamento pittorico istintivo e dominato dal rosso fuoco, raccontanto gli istinti; le grandi balene azzurre, guardiane degli oceani, raccolgono nella loro simbologia le ambizioni e i sogni.
MIA CARISSIMA MARLENE*
Marlene Dietrich ed Ernest Hemingway si conobbero nel 1934 sul piroscafo Ile-de-France. “Una sera, mentre eravamo a cena nel salone, apparve in cima alle scale questo incredibile spettacolo in bianco. Arrivò al tavolo dov’era stata invitata, gli uomini scattarono in piedi, ma lei si mise a contare: Dodici. Si scusò, ma disse che era davvero superstiziosa e che non avrebbe di certo fatto la tredicesima. Si voltò per andarsene quando io colsi al volo la mia grande occasione la raggiunsi e mi offrii di fare il quattordicesimo”. Dietrich e Hemingway vissero una lunga storia d’amore platonica, una passione ardente destinata a non essere mai consumata. Nella voracità delle rispettive vite sentimentali, il loro restò un amore puro, cerebrale “che andrà oltre la morte”, come diceva lo scrittore.
Il nome Be my Marlene è un omaggio a questa relazione, è la necessità di produrre meraviglia per “qualcuno”, è la voglia di essere il fondamentale quattordicesimo per una persona speciale.